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Editoriale di PAGAIANDO n°5-2008

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Gengis:
Care Amiche e cari Amici,
un anno sta finendo e con esso anche tante illusioni che c’eravamo
fatti nei mesi passati. Tante illusioni con cui incominceremo - noi
indomabili sognatori - un nuovo anno sperando che sia migliore. Se
dovessi auspicarmi qualcosa, vorrei che si potesse risolvere anche
uno solo dei problemi che da anni ristagnano nel nostro sport, e a
cui nessuno può (o vuole) trovar soluzione. Siamo divisi ed invece di
unirci, continuiamo a frammentarci in tanti piccoli gruppi,
indebolendo tutto il movimento. Sorgono associazioni che si auto
definiscono Nazionali (quando basterebbe chiamarle con un nome più
appropriato: Canoa Club, Circolo Canoe ecc.) e vivono in maniera
assolutamente isolata ed autoreferenziata la propria piccola attività.
Basterebbe se si fa agonismo, affiliarsi alla FICK e se si pratica il
turismo alla FICT . Nella FICT di spazio c’è ne per tutti basta aver
voglia di fare, di costruire qualche cosa che serva agli altri,
mettendo gli interessi privati da parte. Troppo complesso? Di spazio
per discipline di pagaia c’è ne tanto. Non sono solo parole, nei
fatti abbiamo già dimostrato con il Kayak da Mare e Sottocosta (che
non è un club ma una Associazione di spessore nazionale e come tale
opera per la promozione di tale pratica all’interno della FICT da
anni e di recente anche in casa della FICK) che ognuno può avere la
sua autonomia all’interno di una struttura organizzativa. E’
l’unione, sempre, che fa la forza e non il contrario. Ora è venuto il
momento - un altro dei desideri che nutro - del rilancio della
Canadese e tale rilancio è sicuramente più produttivo farlo in FICT
che farlo da soli e per se stessi. Qui disponete dell’unico giornale
che esce ininterrottamente dal 1984, PAGAIANDO dove incominciare a
parlare di tecnica per Canadese. E ci auspichiamo anche che nel
prossimo consiglio sieda qualcuno dei rappresentanti di questa
disciplina. Stiamo ‘invecchiando’, e senza ricambio siamo destinati
lentamente a spegnerci. Sarebbe un vero peccato. Per tutto quel che è
stato il passato e per tutto quel che potrebbe essere il futuro. Buon
anno, e buon lavoro a tutti!

Vittorio Pongolini:
Vecchio Gengis,

non sai quanto approvo e concordo su quanto hai appena riportato su questo sito e sulla rivista Pagaiando, sotto forma di Editoriale.
La frammentazione, per mera soddisfazione individualistica, è un male endemico del nostro sport. E notino i lettori che la parola endemico non è casuale, poichè si riferisce specificamente a situazioni locali.
Per ovviare a questa situazione cronica, in ogni Statuto di Associazione, Club, Gruppo, Unione, Federazione e quant'altro ci dovrebbe essere un articolo obbligatorio che riguardi la progressione delle stesse, in un conveniente arco di tempo (che so, tre o cinque anni) inerente a determinati indici di crescita relativi ad esempio, a numero di soci, attività zonale, attività nazionale, interesse precipuo dell'attività,  allo stato di cassa e a quant'altro possa essere musurabile e indicizzabile.  Credo che rimarrebbero ben poche di queste, come definirle tutte assieme, "unità di interesse" in vita.
Tra l'altro, in questi due anni di attività super ridotta del sottoscritto per cause infortunistiche coatte, ho potuto osservare sotto una prospettiva diversa, perchè defilata, il mondo della canoa - kayak, ovvero quale dimensione occupa la stessa nel panorama delle attività del tempo libero degli sportivi italiani. E mi sono accorto che è una cosa piccola, davvero piccola. Non piccolissima nell' insieme di tutte le discipline, ma davvero piccola anche globalmente. Nel senso che se accenni alla canoa senza enfasi personale a chicchessia, la risposta è che non gliene importa quasi nulla.  E questa considerazione non fa che avvalorare quanto tu hai riportato, cioè che se si frammenta una cosa piccola, tutto ciò che si vorrebbe creare diventa piccolissimo, quasi insignificante. Chiedete all'ultimo di una tavolata di Frati, che si dividono in successione dei pezzi di pane, quanto gliene rimane da gustare! Briciole, tali da non soddisfare nemmeno lo spirito associazionistico e lo scopo dell'associazione(o chiamatela come volete voi con quanto vi ho scritto sopra). E nemmeno il sogno realizzativo di qualsivoglia iniziatore della stessa.
Io, nel mio piccolo, sono rimasto fedele da tempo immemore al mio club,  il Canoa Club Milano (penso allo stato attuale di essere il socio pagante più vecchio),  e non mi è mai balzato in mente di fondare un bel niente di altro per spirito individualistico o per, come dire, mancanza-di-comprensione-perchè-nessuno-mi-capisce-e-allora-mi-metto-in-proprio-se-no-non-mi-diverto-e-mi-rattristo.
Quanta acqua dovrà passare sotto i ponti, quante onde dovranno infrangersi sugli scogli perchè si capisca che gli organismi superiori sono così ben funzionanti perchè le cellule hanno formato organi, e gli organi degli apparati e gli apparati, appunto, gli organismi?

Saluti a tutti, a chi approva e a chi non approva quanto ho scritto.

V. Pongolini

Giovanni Perozzi:
Quoto in pieno ed apprezzo le parole di Gengis e Toio, anche io per motivi vari sono stato un po defilato dalla canoa attiva ed ho provato a realizzare qualcosa come organizzatore, andandomi a scontrare con la triste realtà di autorità, amministratori, sponsor che ci ignora, semplicemente perchè siamo troppo piccoli, contiamo troppo poco. ....ed è tristemente vero, siamo anche incredibilmente divisi. Se forse è un' utopia sognare un unico referente istituzionale al cui interno ci sia il turismo, l'agonismo, il kayak da mare, il torrente, la canadese, la polinesiana, ed altro, ma mi chiedo però come mai all'estero questa mia utopia è semplicemente la normalità; almeno pur nelle differenze che ci contraddistinguono cerchiamo di unire le forze!

buone pagaiate

Gio Pepozz

Aldo Varotto:
Non so se la frammentazione di cui si accenna nell'editoriale, ed i citati riferimenti alla canoa canadese, conseguono alla fondazione di AICAN (Associazione Italiana Canoa Canadese).
Personalmente non mi sembra che il fiorire di nuove iniziative (per piccole o grandi che siano) legate al modo della canoa sia un fenomeno che penalizza ed impoverisce il nostro sport preferito.
Creare una associazione sportiva non mi sembra possa essere considerato, né un atto di individualismo, né il migliore sistema che si possa immaginare per ritagliarsi spazio per "interessi privati di parte".
Dedicarsi ad una associazione sportiva significa impegnare il prorio tempo, le proprie energie, ed anche i propri risparmi, per offrire anche agli altri nuove occasioni, per coinvolgere ed entusiasmare nuovi appassionati, per affrontare imprese che forse non si oserebbero da soli.
AICAN non nasce dal desiderio personale di protagonismo, ma da una vera, profonda, e datata passione dei soci fondatori, e dalla loro desiderio di condividerla con gli altri.
AICAN è un'associazione diffusa su gran parte del territorio italiano (Pavia, Milano, Perugia, Roma, Napoli)  e non un club di un singolo posto, pertanto l'aggettivo (Associazione Italiana) mi sembra appropriato.
La nostra associazione non ha lo scopo di sottrarre soci ad altri club (peraltro credo che tutti i soci siano iscritti ad altre associazioni canoistiche) ma piuttosto si prefigge di creare nuove occasioni a vantaggio di tutti gli appassionati e le associazioni.

Il nostro scopo ed il nostro impegno è rivolto ad aggregare, condividere, collaborare con altri appassionati, per dare qualcosa di noi, con uno spirito esattamente opposto a quello proposto nell'editoriale.

Aldo Varotto
Vice Presidente AICAN
www.aican.it

Vittorio Pongolini:
Sia chiaro che io non ce l'ho con nessuno. Ognuno può fare quello che vuole e non mi interessa avercela con nessuno perchè sono argomenti poco importanti. Ritengo e ribadisco solo che la frammentazione non giovi per nulla al movimento canoistico/kayakistico italiano, che è già piccolo e che con la  frammentazione si satura di realtà piccolissime. Realtà di 6-8  canoisti/kayakisti fanno davvero sorridere e non fanno che confermare quanto ho espresso. Sono un gruppo di amici con un interesse sportivo comune. E' questa la cosiddetta "realtà marginale" che mutua il termine da concetti economici. E' comprensibile e giustificabile in zone geografiche remote a bassa densità di popolazione (e qui sono anzi utili per il ns. sport). Non lo sono in zone ad alta densità. Sono certamente meglio realtà medio grandi con diversificazioni all'interno della stessa.

Buone pagaiate a tutti, piccoli e grandi. Questa è l'unica ragione plausibile al nostro status di pagaiatori. Su questo credo non ci siano dubbi.

V. P.

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